Zainocrazia riprende e sviluppa la questione delle “domande legittime”, una questione vitale per le organizzazioni, soprattuto quelle che si occupano di educazione (le scuole) o di profitto (le imprese).
Si tratta della distinzione, coniata da Heinz von Foerster, per distinguere le domande di cui già si conosce la risposta dagli interrogativi non ancora risolti. Nel primo caso, dice von Foerster, le domande sono illegittime, perché obbligano il rispondente a replicare come un pappagallo un sapere risaputo, capendoci quasi nulla. Nel secondo caso le domande sono invece legittime. Sono, queste ultime, le sole domande che vale la pena porre da parte di chi sia interessato all’educazione o al profitto. La ragione è semplice: solo le domande legittime obbligano entrambi, domandante e rispondente, a fare davvero questione, esplorare diverse opzioni, riconoscere la soluzione più adeguata. E li obbligano a farlo insieme.
In un bellissimo articolo dedicato alla figura del maestro, Valerio Capasa fa implicitamente riferimento alle domande legittime, quando chiama in causa Pier Paolo Pasolini per tracciare il profilo delle persone cui dobbiamo la vitalità della nostra cultura, i maestri che aiutano gli allievi a coltivare una interpretazione negoziale del sapere. Maestri, non professori, ovvero serbatoi inesauribili di domande legittime, non impiegati attenti ai risultati dei test. Leader capaci di valutare l’impegno e dunque stimolarlo in ciascun collaboratore, non manager sensibili unicamente ai risultati e disinteressati di valorizzare l’ingegnosità collettiva che circola tra i colleghi.